Le due settimane più lunghe
Chiunque abbia affrontato un percorso di PMA sa che ci sono giorni che scorrono veloci e altri che sembrano infiniti. Tra questi, le due settimane di attesa dopo il transfer sono, senza dubbio, le più difficili da vivere. Non è solo una questione di pazienza: è un vero e proprio vortice emotivo, dove la mente oscilla continuamente tra speranza e paura, tra il desiderio di crederci e la tentazione di proteggersi da un’eventuale delusione.
Il peso delle emozioni
Subito dopo ilIl giorno del transfer transfer, ci si sente piene di aspettative. È come se, dentro di noi, potesse già esserci qualcuno, un piccolo seme di vita pronto a germogliare. Ma con il passare dei giorni, l’entusiasmo iniziale lascia spazio ai dubbi: “E se non avesse attecchito?”
Ogni sintomo diventa un messaggio da decifrare. Un dolore al basso ventre, una sensazione di pesantezza, un crampo: tutto può sembrare un segnale di gravidanza o, al contrario, un annuncio del ciclo imminente. In realtà, molto spesso, non è né l’una né l’altra cosa.
Gli effetti dei medicinali
L’assunzione di progesterone (e degli estrogeni in alcuni casi), che segue il transfer, rende il quadro ancora più confuso. Questi ormoni simulano molti sintomi tipici dell’inizio di una gravidanza: seno gonfio, stanchezza, nausea leggera o dolori simili a quelli premestruali. La mente allora inizia a correre: “Questa volta è diverso, potrei essere incinta”. Ma l’illusione può essere crudele, soprattutto quando quei segnali non sono altro che un effetto dei farmaci.
Strategie per sopravvivere all’attesa
Non esistono ricette universali per affrontare queste due settimane. Alcune donne scelgono di distrarsi il più possibile, programmando impegni, uscite, o persino piccoli viaggi. Altre, invece, sentono il bisogno di restare in ascolto del proprio corpo, concedendosi silenzi e introspezione.
Quello che conta è non colpevolizzarsi: qualsiasi emozione, anche la paura di fallire, è normale e legittima.
Il giorno del test
Man mano che il giorno della beta si avvicina, la mente diventa una macchina di ipotesi: “Se sento dolore, sarà un brutto segno? E se non sento nulla?”. Si finisce spesso per fare un test casalingo troppo presto, nel tentativo di anticipare il responso. Ma i falsi negativi, dovuti ai tempi di impianto e ai valori ancora bassi di beta-hCG, sono frequenti e possono ferire inutilmente.
Nel mio racconto cerco di descrivere l’altalena emotiva:
“Nei primi giorni ero piena di speranza: sentivo dentro di me che poteva esserci qualcosa. Ma negli ultimi, quelli prima delle Beta, la speranza comincia a vacillare. I sintomi sembrano quelli del ciclo e tutto crolla, anche se il responso non è ancora arrivato.”
Concedersi di sentire
L’attesa delle beta non è solo una prova di pazienza, ma un percorso interiore. È il momento in cui impariamo a convivere con l’incertezza, a non lasciarci sopraffare dal bisogno di controllare tutto.
Permettersi di provare emozioni contrastanti, senza giudizio, è forse l’unico modo per affrontare questa fase con un minimo di equilibrio.