L’impatto psicologico ed emotivo della PMA

Una foto in bianco e nero di una donna distesa sul letto con il viso coperto

L’impatto emotivo della diagnosi di infertilità

Ricevere una diagnosi di infertilità è un momento che segna. Perché, anche se fino a quel punto magari si era evitato di pensarci troppo, quelle parole mettono un punto fermo, una verità che si impone: diventare genitori non sarà immediato, né forse naturale. È una comunicazione che scardina certezze, che mette in discussione l’immagine che si ha di sé, della propria femminilità o mascolinità, della propria relazione. Il senso di colpa, l’inadeguatezza, la paura del giudizio… sono emozioni comuni, ma spesso vissute in solitudine. L’infertilità non riguarda solo il corpo, ma tocca profondamente anche l’identità e il modo in cui ci si percepisce nel mondo.

L’impatto psicologico della PMA

Affrontare un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita significa entrare in una dimensione fatta di visite, esami, orari da incastrare, farmaci da assumere con precisione. Ma c’è un aspetto meno visibile, e spesso sottovalutato: quello emotivo. La PMA è un viaggio che non si compie solo con il corpo, ma con ogni parte di sé. Ogni fase – dalla stimolazione ovarica al transfer, fino al test di gravidanza – trascina con sé speranze, attese, timori e talvolta crolli interiori. Il tempo sembra dilatarsi, i giorni ruotano attorno a monitoraggi e risultati, e la vita sociale o lavorativa viene spesso sospesa, o vissuta come un peso.
Parlarne non è un esercizio teorico: è qualcosa che nasce dall’esperienza diretta, da notti insonni, da agende piene di appuntamenti e di pensieri, da emozioni che a volte sembrano troppo grandi da contenere. Ecco perché dedicare spazio agli aspetti psicologici non è un dettaglio, ma un atto di cura verso sé stesse. E anche un primo passo per sentirsi meno sole in tutto questo.

Un'opera d'arte bianca, geometrica e astratta da Dresda, Germania